Nome: Jay
Razza: changeling
Anno/epoca di provenienza: 998 AR
Professione: ladro
Jay volse lo sguardo verso il cielo oltre la vetrata, incerta. Non era mai stata superstiziosa, no! Per gli inferi! Quella roba era per i poveri di spirito, per i pavidi, non certo per gente come lei. Eppure le parole di sua nonna, sciocca umana, le solleticavano la memoria, provocandole un leggero quanto fastidioso senso di disagio.
Scosse la testa e i lunghi capelli come per scacciare i cattivi pensieri, si buttò il pesante mantello sulle spalle e si diresse verso la porta a passo deciso. La aprì e si fermò un attimo sulla soglia, giusto il tempo di tirar su il cappuccio, prima di avviarsi per il vicolo scuro.
La dannata pioggia veniva giù incessante, infradiciandole gli abiti e rendendo infido il lastricato sul quale camminava spedita.
Sharn, la Città delle Torri, la Città degli Inganni, la Sua città. O almeno i bassifondi erano suoi, per ora. Ma non sarebbe durata per sempre, prima o poi avrebbe detto addio ai rivoli fetidi, alle mura fatiscenti e agli accattoni cenciosi, e avrebbe posseduto un’abitazione nella Volta del Cielo. In realtà, il vero problema della zona bassa era un altro: era un brutto quartiere, era uno dei peggiori di Sharn, ci sarebbe stato da aver paura di venire accoltellati, se non fosse stato che lei stessa, un tempo, accoltellava per pochi spiccioli.
Riflettendo sugli eventi che l’avevano allontanata da quella vita e portata a lavorare per Gur arrivò alla taverna: una luce giallastra baluginava attraverso il velo di pioggia, ad indicare l’ingresso all’Incudine Infranta. Aprì il pesante battente ed entrò nel locale, dove un denso odore di umanità e di alcol accoglieva con la stessa forza del calore sprigionato dal grande camino.
Tirò giù il cappuccio, scoprendo il viso pallido sul quale i bianchi capelli bagnati gocciolavano, e i suoi occhi scrutarono tra la folla di avventori, cercando la figura di un morfico vestito di verde. Lui l’aveva già vista, e le fece cenno di recarsi al piano di sopra. In breve la raggiunse, e non appena fu sicuro di non essere visto, Gur riprese le sue sembianze originali.
Guardando la sua disinvoltura nel cambiare aspetto, Jay si chiese cosa diavolo avesse in mente sua madre quando si era accoppiata con quell’umano: i mutaforma erano perfetti! Non dei mezzosangue come lei, considerati inaffidabili da tutte le razze e disprezzati dagli stessi mutaforma. Gur la distolse dai suoi rancori:
<<veniamo subito al sodo, non ho molto tempo stasera>> disse guardandola dritto negli occhi chiari, << quello di cui ho bisogno stavolta è che tu porti un messaggio a un halfling, e che mi porti indietro un oggetto. Il suo nome è Darren Haskow e lo troverai all’Università di Morgrave. Digli che sei l’assistente archeologo mandato da Starilaskur. Fallo in fretta.>> giusto il tempo di ricevere un cenno d’assenso da Jay, e il mutaforma le voltò le spalle, cambiando ancora una volta il suo aspetto per tornare il morfico vestito di verde.
La changeling seguì rapida i suoi passi, tirò su il cappuccio e abbandonò la taverna, rituffandosi nella sera umida e fredda. Un compito piuttosto facile, riflettè, rispetto ai più comuni incarichi di trafugare materiale di valore o sottrarre informazioni infiltrandosi in luoghi sorvegliati da guardie o, peggio, da forgiati. Meglio, l’avrebbe portata a termine senza correre rischi e si sarebbe guadagnata la sua ricompensa e l’approvazione di Gur, anche stavolta.
Immersa nei suoi pensieri attraversò velocemente il quartiere. Le sarebbe piaciuto percorrere la strada fino all’università a piedi, ma quel giorno aveva fretta, e anzichè incamminarsi lungo i numerosi ponti sospesi che collegavano le varie zone della città, si servì degli ascensori. Odiava i luoghi chiusi, odiava essere osservata con diffidenza dalle persone chiuse con lei negli ascensori, preferiva di gran lunga l’anonimato della folla, ma non poteva permetterselo.
Arrivata all’università cercò un angolo nascosto e prese le sembianze di una giovane umana, la cui identità corrispondeva ai documenti che Gur le aveva procurato. Tornò sulla strada principale, salì la scalinata dell’imponente edificio universitario e con un sorriso smagliante presentò le proprie carte all’usciere. Quindi chiese di D. Haskow <<può trovare il professor H. nell’aula B3, o nel suo studio al primo piano>>. Professore...ovvio, perchè non ci aveva pensato? Che sciocca.
Seguì le indicazioni per l’aula B3, in breve la raggiunse e la trovò chiusa. Bussò ma nessuno rispose, allora si diresse al piano superiore. Fu facile anche trovare lo studio del prof H, ma anche quello era chiuso. Bussò. Nessuna risposta. Odiava aspettare, perlomeno odiava aspettare alla luce del sole.
Si guardò attorno: il corridoio era deserto. Infilò la mano nella sacchetta che teneva alla cintura e tirò fuori due sottili arnesi metallici, si chinò davanti alla porta e armeggiò per qualche secondo con la serratura. Clack! Socchiuse la porta il minimo necessario e si infilò dentro la stanza.
Appena abituò gli occhi all’oscurità vide il cadavere: prono, come se stesse cercando di scappare strisciando, la testa voltata in maniera innaturale, le lunghe braccia tese a cercare una via di scampo, una difesa di qualche genere, il mutaforma era stato bastonato e infine gli avevano rotto l’osso del collo...con una forza spaventosa data la sua mole. Jay si irrigidì, smise di respirare e cercò di cogliere anche il più piccolo rumore. Nulla si muoveva nella stanza.
Azzardò un passo, la finestra era sbarrata, l’unica fonte di luce proveniva da...uno specchio? Ma non era luce...era un luccichio...come un riflesso su una superficie liquida lievemente increspata. Si avvicinò, intimorita ma incuriosita, allo specchio incorniciato da legno intarsiato, alto quanto un uomo, e allungò la mano fino al vetro...ma le sue dita andarono oltre! Un tepore si irradiò dalla mano al resto del corpo, dolce come l’invito di un amante, e senza capire perchè, confusa, avanzò ancora verso la sua fonte, fino ad attraversare completamente lo specchio.
Una luce la acceca, improvvisa, in contrasto con la penombra della stanza, e il freddo la assale. Perde un attimo la concentrazione, sorpresa dall’improvviso cambiamento, e i suoi tratti tornano quelli slavati del changeling. Si guarda attorno, socchiudendo gli occhi, e quello che vede la lascia ancora più sbalordita: strane costruzioni, più basse delle torri di Sharn e di fattura molto diversa, umani e altre creature abbigliati nelle fogge più insolite. E di nuovo gli sguardi, quegli sguardi addosso, ma stavolta non vi legge disprezzo, ma solo stupore e curiosità. Il suo primo impulso è di scappare, di tornare nella sicura ombra della stanza col cadavere, ma come si volta alla ricerca dello specchio, non trova nulla.
