Ho buttato giu due righe..
Inviato: lun 08 mar, 2010 10:31 pm
<Argon svegliati>.
<Forza Argon, riprenditi>.
Lentamente Argon aprì gli occhi. Riusciva a tenerli aperti a stento perchè la luce era troppo forte per i suoi occhi cosi deboli e stanchi. Non riusciva a capire dove si trovasse ma soprattutto perchè fosse li. Gurdandosi attorno capì di essere in una specie di sala operatoria. Era pieno di strumenti chirurgici, macchinari di ogni genere erano attaccati al suo corpo. Secondo uno di questi il suo cuore stava battendo a ritmi regolari, ma con pulsazioni che gli sembrarono molto più lente del normale. Demetra lo teneva per mano.
<Finalmente ti sei svegliato>.
<Ma dove sono?> disse.
<In un ospedale militare>, rispose lei.
<Cosa è successo?> le chiese.
<Ma non ricordi nulla?> disse. <Ci sei quasi restato secco questa volta. Sono tre giorni che dormi>.
Argon non riusciva a ricordare niente dell'accaduto. Il suo lavoro era pericoloso, questo lui lo sapeva, ma non lo aveva mai costretto sul letto di un ospedale. Lui e Demetra erano due agenti speciali della A.T.C.S. , Agenzia Terrestre Crimini Spaziali, incaricati di controllare ogni forma di vita diretta sul pianeta Terra. Da ormai 50 anni infatti, il commercio con i pianeti della galassia era diventato il fulcro dell'economia Terrestre, ma aveva portato con se un considerevole aumento dei crimini commessi sul pianeta da parte di forme di vita aliena. Il suo lavoro consisteva nel catturare questi criminali e consegnarli alla giustiza.
<Ti prego, Demetra, non ho la forza di tirare ad indovinare, vuoi dirmelo o no?> fece lui con i suoi soliti modi rudi.
<Va bene, va bene, ma sta calmo, la botta in testa ti ha peggiorato sai?> disse lei ridendo. <Stavamo inseguendo due criminali di Axion III vicino il vecchio palazzo abbandonato del Governo quando uno di questi si è girato e ci ha lanciato contro una granata a frammentazione. Stavo per rimetterci la pelle, ma mi hai spinta via e....> ora il suo tono di voce era diventato meno scherzoso.
<Continua, per favore> . Argon si rese conto del suo stato d'animo e cercò di essere più gentile.
<Ti devo la vita, Argon> rispose lei dolcemente. <Se non fosse per te ora al tuo posto ci sarei io, o forse non sarei viva affatto.>
Argon non riusciva a capire di cosa stesse parlando. Cercò di tirarsi su, ma il suo corpo era bloccato al lettino da quattro fasce che gli bloccavano polsi e caviglie. Alzò la testa per cercare di vedere il suo corpo, ma non vi riusci. Una fascia metallica bloccava anche la sua fronte. Pensava di essere rimasto mutilato o paralizzato, eppure aveva la sensibiltà su tutto il corpo. Braccia, gambe, tutto era li dove doveva essere.
<Stai tranquillo, è tutto al suo posto> lo tranquillizzò lei capendo che era in uno stato confusionale. <Hanno fatto un ottimo lavoro>.
<Hanno fatto cosa? Slegami Demetra>. Tornò ad essere il solito rude Argon.
<Il dottore ha detto che non devo liberarti, hai bisogno di riposare ancora> disse. <Ma forse una sgranchita non ti farà male.>
Non appena lo ebbe slegato, Argon scattò sul lettino. Guardò il suo corpo ma non ci vide nulla di strano. Si sentiva forte come un leone, anzi, forse sentiva una forza che prima d'ora non sapeva di possedere. Guardo sospettoso le cicatrici su tutto il corpo. Tutta la parte destra ne era ricoperta. Ma non sentiva dolore. Sembrava che fossero li da sempre, che fossero nate con lui persino. Rimase a fissarle finchè Demetra non richiamò la sua attenzione.
<Sei un androide, Argon> disse senza guardarlo negli occhi. <L'unico modo che avevano per salvarti era quello di sostituire le parti danneggiate del tuo corpo con parti meccaniche, comandate direttamente dal tuo cervello tramite collegamenti neurali.>
<Quali sono le parti meccaniche ?> chiese lui senza emozioni?
<La metà destra del tuo corpo, tutta. Compreso un polmone>, rispose.
<Un polmone di metallo?> disse lui ridendo.
<Si>, disse lei.
Pensò che fosse tutto uno scherzo. Non sentiva niente di strano, niente che gli facesse pensare di essere diventato un androide, come gli aveva detto Demetra. E poi respirare con un polmone di metallo gli sembrava una cosa veramente ridicola. Doveva essere uno scherzo. Non poteva che essere cosi.
<Quindi secondo te io sarei un androide..?> disse ridendo. <Ci ero quasi cascato, sai? Ma questa mi sembra pelle umana. Me l'avevi quasi fatta.>
Demetra abbasso lo sguardo. Non aveva nessuna voglia di ridere, lei non stava affatto scherzando. Aveva visto il corpo di Argon distruggersi a causa di quella esplosione ravvicinata. I frammenti della granata gli avevano perforato il corpo, portandosi via un occhio, un braccio ed una gamba. Quando lei riprese i sensi lo trovò a terra, apparentemente senza vita. Chiamò subito il comando generale che mandò una squadra di recupero per lui e il suo compagno. Poi una volta raggiunto l'ospedale militare era stata allontanata ed Argon era stato portato via. Non aveva più saputo nulla fino a che non venne chiamata, tre giorni dopo, ed invitata a presentarsi in ospedale.
<Argon, io...> la sua voce era tremula..
In quel momento la porta della stanza si aprì. Un uomo alto quasi due metri entrò nella stanza. Aveva i capelli lunghi, una folta barba e due occhi vispi e intelligenti. Un uomo sulla cinquantina. Aveva sul petto la spilla di appartenenza agli Eletti, un gruppo di studiosi che si erano distinti per le loro ricerche in campo medico scientifico. Si avvicinò al lettino, posò una mano sulla spalla di Demetra e le sorrise. Poi guardò Argon con attenzione.
<Allora, Argon, come ti senti?> gli chiese.
<Dottor Chilton, io...> fece lui.
<Immagino che Demetra ti abbia già spifferato tutto, non è vero?> disse lui ridendo a denti stretti. <Quindi ora a me cosa resta da fare?>
<La prego dottore.. Comincio a sospettare che questo non sia affatto uno scherzo. O siete tutti d'accordo ed avete deciso di farmi impazzire, oggi?> rispose.
<Nessuno scherzo. Mi dispiace. Era l'unico modo che avevo per salvarti la vita.> disse. <Quando ti hanno portato da me la situazione era gravissima. Cosi ho preso una decisione. E ti ho impiantato questi organi robotici, frutto di venti anni di ricerche. Ho lavorato a questo progetto da quando ero uno studente dell'università, l'ho sviluppato, migliorato, ottimizzato. Ma non avevo mai sperimentato. Ora grazie a te, a quello che rappresenti, molti altre vite umane potranno essere salvate. Forse riuscirò a perfezionare il mio lavoro, se tu mi aiuterai.>
<Un androide eh?> sorrise lui, alzandosi dal lettino. <Insomma sono un pezzo di ferraglia, adesso, eh Dottore?>
<Non ti definirei cosi, Argon> rispose dolcemente lui. < Rappresenti un miracolo della medicina e della scienza, la speranza per molti esseri umani.>
Demetra gli corse incontro e lo abbraccio forte. Cominciò a piangere cercando di non farsi accorgere da lui, perchè sapeva che non amava questo genere di comportamenti. Argon aveva sempre detto che le lacrime andavano lasciate ai deboli, e nel loro lavoro non potevano permettersi debolezze.
<Sei vivo, questo è quello che conta> disse trattenendo a stento i singhiozzi.
<Demetra..> disse accarezzandole la testa. <Che ne dici se mi metto qualcosa addosso? Sotto la pelle sarò anche di metallo, ora, ma quello che si vede fuori è esattamente come prima.>
Demetrà si allontano prontamente da lui e divenne tutta rossa dall'imbarazzo. Il dottor Chilton fece una sonora risata e passò dei vestiti nuovi ad Argon.
<Forza Argon, riprenditi>.
Lentamente Argon aprì gli occhi. Riusciva a tenerli aperti a stento perchè la luce era troppo forte per i suoi occhi cosi deboli e stanchi. Non riusciva a capire dove si trovasse ma soprattutto perchè fosse li. Gurdandosi attorno capì di essere in una specie di sala operatoria. Era pieno di strumenti chirurgici, macchinari di ogni genere erano attaccati al suo corpo. Secondo uno di questi il suo cuore stava battendo a ritmi regolari, ma con pulsazioni che gli sembrarono molto più lente del normale. Demetra lo teneva per mano.
<Finalmente ti sei svegliato>.
<Ma dove sono?> disse.
<In un ospedale militare>, rispose lei.
<Cosa è successo?> le chiese.
<Ma non ricordi nulla?> disse. <Ci sei quasi restato secco questa volta. Sono tre giorni che dormi>.
Argon non riusciva a ricordare niente dell'accaduto. Il suo lavoro era pericoloso, questo lui lo sapeva, ma non lo aveva mai costretto sul letto di un ospedale. Lui e Demetra erano due agenti speciali della A.T.C.S. , Agenzia Terrestre Crimini Spaziali, incaricati di controllare ogni forma di vita diretta sul pianeta Terra. Da ormai 50 anni infatti, il commercio con i pianeti della galassia era diventato il fulcro dell'economia Terrestre, ma aveva portato con se un considerevole aumento dei crimini commessi sul pianeta da parte di forme di vita aliena. Il suo lavoro consisteva nel catturare questi criminali e consegnarli alla giustiza.
<Ti prego, Demetra, non ho la forza di tirare ad indovinare, vuoi dirmelo o no?> fece lui con i suoi soliti modi rudi.
<Va bene, va bene, ma sta calmo, la botta in testa ti ha peggiorato sai?> disse lei ridendo. <Stavamo inseguendo due criminali di Axion III vicino il vecchio palazzo abbandonato del Governo quando uno di questi si è girato e ci ha lanciato contro una granata a frammentazione. Stavo per rimetterci la pelle, ma mi hai spinta via e....> ora il suo tono di voce era diventato meno scherzoso.
<Continua, per favore> . Argon si rese conto del suo stato d'animo e cercò di essere più gentile.
<Ti devo la vita, Argon> rispose lei dolcemente. <Se non fosse per te ora al tuo posto ci sarei io, o forse non sarei viva affatto.>
Argon non riusciva a capire di cosa stesse parlando. Cercò di tirarsi su, ma il suo corpo era bloccato al lettino da quattro fasce che gli bloccavano polsi e caviglie. Alzò la testa per cercare di vedere il suo corpo, ma non vi riusci. Una fascia metallica bloccava anche la sua fronte. Pensava di essere rimasto mutilato o paralizzato, eppure aveva la sensibiltà su tutto il corpo. Braccia, gambe, tutto era li dove doveva essere.
<Stai tranquillo, è tutto al suo posto> lo tranquillizzò lei capendo che era in uno stato confusionale. <Hanno fatto un ottimo lavoro>.
<Hanno fatto cosa? Slegami Demetra>. Tornò ad essere il solito rude Argon.
<Il dottore ha detto che non devo liberarti, hai bisogno di riposare ancora> disse. <Ma forse una sgranchita non ti farà male.>
Non appena lo ebbe slegato, Argon scattò sul lettino. Guardò il suo corpo ma non ci vide nulla di strano. Si sentiva forte come un leone, anzi, forse sentiva una forza che prima d'ora non sapeva di possedere. Guardo sospettoso le cicatrici su tutto il corpo. Tutta la parte destra ne era ricoperta. Ma non sentiva dolore. Sembrava che fossero li da sempre, che fossero nate con lui persino. Rimase a fissarle finchè Demetra non richiamò la sua attenzione.
<Sei un androide, Argon> disse senza guardarlo negli occhi. <L'unico modo che avevano per salvarti era quello di sostituire le parti danneggiate del tuo corpo con parti meccaniche, comandate direttamente dal tuo cervello tramite collegamenti neurali.>
<Quali sono le parti meccaniche ?> chiese lui senza emozioni?
<La metà destra del tuo corpo, tutta. Compreso un polmone>, rispose.
<Un polmone di metallo?> disse lui ridendo.
<Si>, disse lei.
Pensò che fosse tutto uno scherzo. Non sentiva niente di strano, niente che gli facesse pensare di essere diventato un androide, come gli aveva detto Demetra. E poi respirare con un polmone di metallo gli sembrava una cosa veramente ridicola. Doveva essere uno scherzo. Non poteva che essere cosi.
<Quindi secondo te io sarei un androide..?> disse ridendo. <Ci ero quasi cascato, sai? Ma questa mi sembra pelle umana. Me l'avevi quasi fatta.>
Demetra abbasso lo sguardo. Non aveva nessuna voglia di ridere, lei non stava affatto scherzando. Aveva visto il corpo di Argon distruggersi a causa di quella esplosione ravvicinata. I frammenti della granata gli avevano perforato il corpo, portandosi via un occhio, un braccio ed una gamba. Quando lei riprese i sensi lo trovò a terra, apparentemente senza vita. Chiamò subito il comando generale che mandò una squadra di recupero per lui e il suo compagno. Poi una volta raggiunto l'ospedale militare era stata allontanata ed Argon era stato portato via. Non aveva più saputo nulla fino a che non venne chiamata, tre giorni dopo, ed invitata a presentarsi in ospedale.
<Argon, io...> la sua voce era tremula..
In quel momento la porta della stanza si aprì. Un uomo alto quasi due metri entrò nella stanza. Aveva i capelli lunghi, una folta barba e due occhi vispi e intelligenti. Un uomo sulla cinquantina. Aveva sul petto la spilla di appartenenza agli Eletti, un gruppo di studiosi che si erano distinti per le loro ricerche in campo medico scientifico. Si avvicinò al lettino, posò una mano sulla spalla di Demetra e le sorrise. Poi guardò Argon con attenzione.
<Allora, Argon, come ti senti?> gli chiese.
<Dottor Chilton, io...> fece lui.
<Immagino che Demetra ti abbia già spifferato tutto, non è vero?> disse lui ridendo a denti stretti. <Quindi ora a me cosa resta da fare?>
<La prego dottore.. Comincio a sospettare che questo non sia affatto uno scherzo. O siete tutti d'accordo ed avete deciso di farmi impazzire, oggi?> rispose.
<Nessuno scherzo. Mi dispiace. Era l'unico modo che avevo per salvarti la vita.> disse. <Quando ti hanno portato da me la situazione era gravissima. Cosi ho preso una decisione. E ti ho impiantato questi organi robotici, frutto di venti anni di ricerche. Ho lavorato a questo progetto da quando ero uno studente dell'università, l'ho sviluppato, migliorato, ottimizzato. Ma non avevo mai sperimentato. Ora grazie a te, a quello che rappresenti, molti altre vite umane potranno essere salvate. Forse riuscirò a perfezionare il mio lavoro, se tu mi aiuterai.>
<Un androide eh?> sorrise lui, alzandosi dal lettino. <Insomma sono un pezzo di ferraglia, adesso, eh Dottore?>
<Non ti definirei cosi, Argon> rispose dolcemente lui. < Rappresenti un miracolo della medicina e della scienza, la speranza per molti esseri umani.>
Demetra gli corse incontro e lo abbraccio forte. Cominciò a piangere cercando di non farsi accorgere da lui, perchè sapeva che non amava questo genere di comportamenti. Argon aveva sempre detto che le lacrime andavano lasciate ai deboli, e nel loro lavoro non potevano permettersi debolezze.
<Sei vivo, questo è quello che conta> disse trattenendo a stento i singhiozzi.
<Demetra..> disse accarezzandole la testa. <Che ne dici se mi metto qualcosa addosso? Sotto la pelle sarò anche di metallo, ora, ma quello che si vede fuori è esattamente come prima.>
Demetrà si allontano prontamente da lui e divenne tutta rossa dall'imbarazzo. Il dottor Chilton fece una sonora risata e passò dei vestiti nuovi ad Argon.